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Aprire una partita IVA per ecommerce: vendere online in regola col fisco

Il negozio online è a tutti gli effetti un’attività commerciale che richiede l’apertura di una partita IVA. In Italia il settore degli e-commerce è regolamentato dal Decreto Bersani (D.Lgs. 114/98) che, con l’Art. 21, mette sullo stesso piano la vendita online con le altre forme di “vendita a distanza”.

Di conseguenza, se apri un tuo e-commerce o decidi di vendere sui marketplace, sarai assoggettato alle stesse regole fiscali.

Ci sono una serie di aspetti burocratici da considerare per vendere online regolarmente nella massima legalità. Se vuoi vendere senza partita IVA, puoi farlo solo per qualche vendita occasionale, ma devi limitare la tua presenza sul web e non puoi usare un tuo sito e-commerce presente online in modo continuativo.

Attenzione: questo articolo non è da intendersi come una consulenza fiscale professionale, ma una guida generica. E’ necessario rivolgersi ad un professionista del settore per ottenere una parere professionale adeguato alle proprie esigenze fiscali.

Vendere online senza partita iva

Esiste una sola tipologia di caso per cui non è necessario aprire partita IVA: la vendita occasionale. 

Se decidi di vendere degli oggetti usati sui portali più conosciuti oppure se vuoi vendere un tuo prodotto fatto a mano (e poco costoso) tramite eBay, non devi preoccuparti. In questi casi la tua presenza sui portali di vendita non è continuativa, ma esclusivamente dedicata alla vendita di un oggetto o pochi oggetti durante l’anno. Non è necessario aprire una partita IVA. 

aprire partita iva vendere onlineE’ diffusa la credenza che anche per le attività commerciali (come per la fornitura di servizi occasionali) valga la quota massima di 5.000 euro lordi. Non è vero, in quanto l’occasionalità di un’attività di vendita di prodotti non dipende dal ricavato, ma dalla sua durata nel tempo, che non deve essere superiore a 30 giorni nell’anno solare. Se sei presente sui marketplace o su un sito ecommerce con una tua vetrina prodotti, la tua presenza è costante, non è considerabile occasionale.

Vendere online senza partita iva è una situazione estremamente borderline e non considerabile per chi vuole intraprendere un’attività professionale: se vuoi vendere davvero prodotti online, su un tuo ecommerce o sui marketplace in modo da ricavarne una rendita, devi aprire una partita iva ed essere regolarmente iscritto alla Camera di Commercio. 

Mi serve la partita IVA per vendere in Dropshipping?

Assolutamente si.
Nel dropshipping tu metti in vendita dei prodotti che vengono spediti da fornitori con i quali hai stipulato un accordo commerciale, sfruttando direttamente il loro magazzino e spedizione. Ricevi, quindi, fatture in entrata (relative ai prodotti acquistati dal fornitore) e in uscita (le vendite che effettui al cliente finale).
Nel caso tu venda tramite un tuo sito ecommerce, sarai tu stesso ad emettere ricevute o fatture di vendita. Nel caso tu venda tramite marketplace, ti verranno riconosciuti tramite bonifico i ricavi delle vendite e dovrai versare le tasse relative in base a come indicato dal tuo commercialista. 

Mi serve la partita IVA per vendere su Amazon?

Segue il discorso del dropshipping. Molti si lasciano fuorviare dal concetto che vendendo tramite Amazon FBA non si ha un proprio magazzino e quindi non si è una vera e propria impresa. Nulla di più sbagliato: pubblicare e mettere in vendita prodotti su Amazon (e su tutti gli altri marketplace) equivale a svolgere una attività commerciale continuativa generante reddito, quindi risulta necessario possedere la partita IVA ed adempiere a tutti gli obblighi fiscali. 

Se vendi su Amazon, riceverai i ricavi delle vendite in un unico bonifico periodico: su queste vendite dovrai pagare tu il corrispettivo IVA italiana, poichè in Europa l’IVA si considera assolta nel Paese di destinazione se la cessione è stata effettuata tra operatori economici (B2B), mentre si considera assolta nel paese di origine se la cessione è stata effettuata a consumatori privati  (B2C). Quindi ricorda di calcolare l’IVA che dovrai pagare di tasca tua quando imposti i prezzi dei tuoi prodotti sui marketplace!

SellRapido è l’unico strumento di ecommerce automation che ti permette di ottenere il dettaglio delle vendite effettuate su Amazon e fornirle al tuo commercialista in un documento dettagliato oppure esportarle in un software di fatturazione.

  • SellRapido scarica in automatico gli ordini FBA in logistica (che però non comprendono i dati anagrafici dei clienti).
  • Da SellRapido puoi utilizzare la funzione avanzata di scaricamento del file che contiene le informazioni sugli ordini non comunicate in modo automatico da Amazon.

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Scopri qui la funzione di “Import dettagli ordini da Amazon FBA

Se ti può interessare, è disponibile una guida di Amazon relativamente all’IVA in Europa.

Aprire una partita IVA per ecommerce

Per l’apertura della partita IVA adeguata per la vendita online e per la gestione degli adempimenti fiscali periodici è fortemente consigliato rivolgersi ad un consulente professionista di fiducia.

1 Per aprire la partita IVA è necessario individuare il giusto codice ATECO e nel caso degli e-commerce quello più indicato è “Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto via internet” (ATECO 47.91.10). Il codice ATECO è determinante per tutta la gestione della attività: definisce anche quali costi puoi dedurre dal totale dei ricavi in modo da ridurre l’imponibile fiscale. Inoltre la partita IVA dovrà essere iscritta al VIES, la banca dati delle partite IVA europee, per poter essere abilitato sia alle operazioni con i maggiori marketplace (aventi sede fiscale all’estero) sia per poter vendere a privati in altre nazioni. L’apertura della partita IVA è una operazione che non prevede costi da parte del Fisco.

2 Dovrai scegliere la forma giuridica con cui operare, cioè con partita IVA individuale oppure in forma societaria con altre persone. Le due forme hanno entrambe vantaggi e svantaggi, la giusta scelta dipende dalla grandezza dell’attività che vuoi svolgere, dal capitale che verrà investito nel progetto e dalla presenza o meno di soci. L’apertura di società presenta diverse tipologie di costo, in base alla loro natura.

3 Devi attivare un indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) e un sistema per la gestione delle fatture elettroniche attive e passive. la PEC ha costi contenuti presso molti provider italiani (dai 5 ai 35€ all’anno in media in base alla grandezza della mailbox). Per le fatture elettroniche esistono diversi servizi online che puoi scegliere in autonomia oppure puoi chiedere consiglio direttamente al tuo commercialista in base ai sistemi da lui già utilizzati.

4 Sarà necessario presentare lo SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): la comunicazione al Comune di Residenza dell’inizio della tua attività commerciale. In caso di vendita online non esiste alcun negozio fisico, quindi dovrai indicare l’indirizzo della tua sede fiscale. Presentare lo SCIA ha un costo di qualche decina di Euro, in base ai diritti si segreteria richiesti dal Comune. La presentazione della SCIA deve essere fatta anche nel caso in cui tu venda già in un negozio fisico e tu voglia aggiungere la vendita online tramite un sito e-commerce con conseguente comunicazione alla Camera di Commercio dello svolgimento dell’ulteriore attività di vendita al dettaglio per corrispondenza.

5 Per poter effettuare vendita di prodotti,  è necessario iscriverti al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, dove otterrai un numero identificativo. Questa operazione ha un costo sui 200 euro + IVA.

6 Non dimentichiamo che tutti i lavoratori devono pagare i contributi INPS. A differenza di altre attività che prevedono costi sempre in percentuale sul fatturato, la vendita online prevede il versamento di una parte di contributi annuali fissi pari a 3.600 euro per i primi 15.000 euro di incasso. Al superamento di questa cifra, i contributi successivi verranno calcolati in percentuale.

Il regime forfettario per vendere online: sconsigliato.

Il Fisco italiano prevede un regime fiscale con una tassazione limitata, legando la condizione ad un limite di reddito annuale di massimo 65.000 euro oltre il quale non è più ottenibile. Tendiamo a sconsigliare questo regime a chi vuole vendere online in modo professionale e continuativo, tuttavia ne descriviamo le caratteristiche per completezza.

Il regime forfettario presenta queste caratteristiche: 

  • tassazione del 5% per i primi 5 anni (che diventa poi del 15%) sul reddito imponibile
  • esenzione dall’ IVA 
  • esonero da studi di settore, ecc.

Il fatturato, ripetiamo, deve essere sempre tenuto sotto controllo per rientrare nel limite imposto. Da notare, inoltre, che in questo regime fiscale le uniche spese deducibili sono i contributi previdenziali. Questo significa che non potrete scaricare le spese sostenute per acquistare mezzi, strumenti tecnici ed eventuali pubblicità, necessari all’attività di vendita dei vostri prodotti.

Il regime forfettario, in base all’esezione dall’IVA può portare delle problematiche nel calcolo delle tasse su acquisti da fornitori stranieri. Inoltre molte aziende potrebbero essere spiazzate dalla mancata applicazione dell’IVA e chiedere chiarimenti (non potendo detrarla).

Per questo la scelta del regime fiscale va fatta in modo oculato, da valutare personalmente di caso in caso con un professionista esperto per evitare problemi non desiderati sul calcolo delle tasse.  

Conclusione

Per vendere online su un tuo sito ecommerce o sui marketplace è necessario aprire una partita IVA e metterti in regola a livello fiscale. I costi di apertura variano da abbastanza bassi per una partita IVA individuale a qualche migliaio di Euro per la costituzione di una società. E’ consigliabile affidarsi ad una figura professionale esperta che ti guidi nell’apertura corretta in base alle tue esigenze e successivamente gestisca i tuoi adempimenti fiscali e ti fornisca una consulenza continuativa. Anche i costi del tuo commercialista saranno diversi in base alla forma giuridica da te scelta: per una società sono più elevati, ma chiaramente saranno coperti dalle diverse ipotesi di guadagno, capitale investito e ripartizione delle spese.

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Articolo aggiornato il 30/05/2023